Cosa sostiene la teoria sui bambini indaco

Ultimo aggiornamento: 26.04.24

 

Una vecchia leggenda New Age degli anni ’70, insieme con nuovi elementi aggiunti in tempi più recenti, affermano che al mondo esistano bambini del tutto speciali

 

Ogni epoca ha le sue credenze, anche il razionale e cinico ‘900 ha trovato il tempo di dare spazio a una serie di subculture che hanno saputo tradurre l’immaginario comune e creare nuove suggestioni a cui aggrapparsi e sognare un po’. Secondo la filosofia New Age in voga a partire dagli anni ’70, alcuni bambini sono dotati di poteri speciali e il loro destino è quello di riuscire a salvare il mondo dall’autodistruzione.

La leggenda identifica nella forza e purezza dell’età infantile l’elemento che può portare alla redenzione di tutta l’umanità. Di fatto si tratta di una teoria pseudoscientifica, cioè non esistono prove inconfutabili o replicabili a supporto delle argomentazioni apportate. In questo modo, quella dei ragazzi indaco e, oggi, dei loro figli i bambini cristallo rimane un’affascinante favola tra le cui righe indovinare una fonte di verità e di ispirazione per migliorare se stessi.

Chi sono i bambini indaco e cristallo

Secondo quanto affermato dalla parapsicologa Nancy Ann Tappe, tra i nuovi nati che vengono al mondo, alcuni hanno un’aura di colore indaco. Si tratta di una caratteristica specifica e che rende questi esseri univoci e in grado di portare grande beneficio alla comunità cui fanno riferimento, oppure possono impattare positivamente su tutta la popolazione umana.

Una grande responsabilità, dunque. Eppure non è chiaro se esistano strumenti che consentano di constatare il reale colore dell’aura, anche questa non identificabile con una funzione o delle caratteristiche fisiche precise. Si sconfina nel campo della narrativa e dell’intrattenimento quando si parla di quelli che oggi sono a tutti gli effetti degli adulti indaco

Malgrado non si siano manifestati evidenti cambiamenti nell’ordine delle cose, dopo l’avvento di questa particolare genia di individui, la teoria continua a trovare sostenitori. Tanto che alla fine del Novecento, Lee Carroll e Jan Tober hanno ripreso con successo tale teoria attribuendole nuovi significati e interpretazioni.

Infatti, oggi si parla della seconda generazione originata da questi individui diventati i genitori di una nuova categoria di prescelti: i bambini cristallo. Ancora una volta, l’identificazione delle loro caratteristiche è tanto vaga e generica da poter calzare a pennello su gran parte della popolazione infantile.

 

Come si riconoscono le persone indaco

Come detto, l’aura indaco è l’elemento chiave che permette l’identificazione delle caratteristiche del soggetto. Ma in anni più recenti, è stato l’incremento di casi registrati di ADHD, noto come disturbo dell’attenzione, a rinforzare il credito verso questo tipo di teorie fondate sulle opinioni dei due autori. Si considerò, in quegli anni, che i bimbi che manifestavano particolare irrequietezza e difficoltà a mantenere adeguati livelli di concentrazione, stessero manifestando il loro disagio.

Questo elemento ha rappresentato una nuova chiave di lettura per un fenomeno già archiviato in passato. Per esempio, non esistono bambini indaco famosi o dimostrazioni eclatanti della veridicità delle teorie così formulate.

Una definizione fin troppo generica

È bene sottolineare che per individuare i bambini indaco un test univoco o ripetibile non esiste. Del resto, le descrizioni delle caratteristiche attribuibili a questi sono così generiche e vaghe da poter ricadere in quelle della stragrande maggioranza delle categorie infantili.

Per via di un bias cognitivo molto comune, si può essere indotti a credere che il proprio figlio abbia davvero gli aspetti citati. Quindi l’autoconvincimento in questo tipo di contesto può giocare un ruolo importante. Il bambino indaco non è di per sé speciale, non nella misura in cui possa esserlo più di tutti gli altri coetanei. In alcuni casi si parla di identificare i bambini indaco dal colore degli occhi o da altri elementi che identificano la loro condizione fisica. Ma anche sul piano fisico non ci sono dati chiari e univoci.

Noto come Effetto Forer o Barnum, quello che porta i genitori a credere che il proprio figlio sia speciale al punto da ritenerlo avvolto da un’aura viola è un disguido più comune di quanto si pensi. È un po’ il principio alla base dell’elaborazione degli oroscopi: è sufficiente pensare che le parole stiano descrivendo la propria condizione per riuscire a identificare delle analogie e somiglianze.

 

Cosa succede agli adulti cresciuti con l’idea di essere entità superiori

Posto che non si possono riconoscere i bambini indaco dalle caratteristiche fisiche, cosa succede agli individui che sono diventati adulti pensando di portare tanto carico e responsabilità sulle proprie spalle? Di fatto, gli esperti mettono in guardia i genitori dal lasciarsi influenzare da questo genere di teorie, specie se possono interferire in casi di veri disturbi di carattere psicologico.

Attribuire determinati aspetti del comportamento a una categoria soprannaturale, non consente di offrire tempestivo e salvifico supporto. Sarebbe come credere di non aver bisogno di dispositivi anti-abbandono in auto credendo che il bebè possa avere capacità telepatiche e avvisare il genitore che l’ha dimenticato in auto.

Una responsabilità troppo grande? Eppure gran parte dei genitori che vive nella convinzione di stare allevando un salvatore dell’umanità si rivela incapace di fornire la giusta guida ed educazione al figlio. Viene meno il compito dell’educatore di offrire i parametri entro cui il bambino impara a costruire il giudizio, indispensabili per assicurare stabilità mentale e strumenti di discernimento della realtà.  

Lasciare che sia il bimbo a strutturare il proprio universo di valori è un lavoro molto più duro e impegnativo. In questo caso, il ruolo dell’educatore deve essere molto calibrato e attento nel fornire gli elementi entro cui il bambino non subisce scelte dall’alto verso il basso, ma si autodetermina all’interno di un contesto costruito a monte dal genitore. 

Un esempio comune è quello di proporre al piccolo la scelta dell’indumento da indossare. Il piccolo potrà scegliere tra un limitato numero di elementi, tutti adeguati alla stagione e alle condizioni ambientali. Quindi sarà stato il genitore a stabilire a priori entro quali limiti il piccolo potrà esprimere la propria opinione allenandosi a elaborare il proprio giudizio. 

La differenza appare meno sottile pensando che il campo di scelta esclude la possibilità di andare sotto la neve rispettando la volontà del piccolo di indossare solo la canottiera preferita.

 

 

 

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